Supino
Ci sono due supini, I (primo) e II (secondo). Sono originariamente le forme accusative e dative o ablative di un sostantivo verbale nella quarta declinazione, rispettivamente.
Primo supinoModifica
Il primo supino finisce in -tum. Ha due usi.
La prima supina è presente nei verbi di movimento. In un uso, indica lo scopo:
- mater pompam me spectatum duxit è ‘Madre mi portò a guardare la processione’
- legati ad Caesarem gratulatum convenerunt’ è ‘Gli ambasciatori vennero da Cesare per congratularsi con lui’.
La traduzione di questo primo uso del primo supino è simile, se non identica, alla clausola latina di scopo.
Un secondo uso è in combinazione con l’infinito passivo futuro. In questo secondo uso indica il destino; per esempio “occisum iri” significa ‘essere in procinto di essere ucciso’. Appare per lo più in affermazioni indirette:
- occisum iri a Milone video è ‘prevedo che sarà ucciso da Milo’.
Secondo supinoModifica
Il secondo supino, che viene con gli aggettivi, è usato raramente; solo pochi verbi sono stati visti adottare comunemente questa forma. Deriva dal dativo di scopo, che esprime lo scopo di una cosa o di un’azione, o dall’ablativo di rispetto, che si può tradurre come “con riguardo/rispetto a” ed è usato per indicare in che misura o in che modo la clausola principale è vera. È lo stesso del primo supino ma sostituendo la -um finale con -ū, con una u allungata. Mirabile dictū, per esempio, si traduce con “stupefacente dire”, dove dictū è la forma supina. Il senso è generalmente passivo, anche se di solito non esplicitamente segnato come tale nella traduzione idiomatica inglese; per esempio, difficile creditū, “difficile da credere”, è più letteralmente “difficile da credere”, o “difficilmente credibile”.